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Speciale Musica - Hit Parade
HIT PARADE 50th - FORSE TUTTI NON SANNO CHE....

Premessa

Il presente trattato è in realtà un breve resoconto di una trasmissione radiofonica che ebbe un largo larghissimo seguito per almeno una ventina d'anni nel nostro paese. Una trasmissione capace di assurgere a fenomeno, fino a generare numerosi tentativi di applicazione dei propri meccanismi, per tacere dei tentativi di imitazione (ma la domanda sarebbe: qual'è l'originale?). Questo modesto lavoro intende ripercorrere le tappe di un programma di genere trasversale, tra l'intrattenimento e l'informazione, compreso un periodo in cui ha pagato dazio alla fiction. Questo breve excursus parte dall'ipotesi che lo spirito che animava la Hit Parade nella sua funzione originale, vale a dire fare ascoltare canzoni riconosciute come molto popolari, e al tempo stesso fornire un servizio informativo, si sia man mano perduta negli esasperanti meccanismi della programmazione radiofonica legata al mondo della musica cosiddetta "leggera".

Etimologia

Hit Parade: dall'inglese "hit" = "colpo" nell'accezione di "cosa ben riuscita", quindi "successo", per estensione canzone con un buon successo discografico, e "parade" = "parata" intesa come sfilata, rassegna; dunque, parata di successi, intesi come i dischi più venduti della settimana nel territorio nazionale, in base a una classifica redatta da un istituto demoscopico, da cui il sinonimo italiano di "classifica di dischi". Va da sè che i dischi più venduti siano i dischi più graditi dal pubblico in quel momento.

Genesi

La Hit Parade nasce negli Stati Uniti alla metà degli anni '50, dopo alcuni prodromi anteguerra che erano semplici borsini di vendita delle singole case discografiche. Col mercato in pieno boom, insieme al proliferare del rock'n'roll e delle altre tendenze musicali "nere", si era verificato un aumento del potere d'acquisto delle classi medie, soprattutto di età giovanile, a incrementare sempre più il numero degli acquirenti di dischi, nel neonato formato a 45 giri che soppiantava l'obsoleto "78". Parallelamente nasceva il fenomeno radiofonico, legato ai programmi musicali che diffondevano le canzoni di Elvis Presley e compagnia, assumendo il ruolo di veri e propri termometri del gusto e delle tendenze dei teen-ager. Le major discografiche ponevano intanto le basi sulle politiche promozionali che sarebbero diventate poi delle autentiche regole auree, ancora valide in buona parte, per vendere il prodotto - canzone, e per diffondere la merce-cantante. Tra le operazioni promozionali definibili come "indirette", il passaggio radiofonico risultava essere il meno costoso (anzi, ne fruttava le royalties) e il più disinvolto. Alla programmazione spontanea, si collegavano rubriche tese a evidenziare determinate canzoni, sulle quali le radio, pressate o no dalle case di produzione, ne caldeggiavano l'acquisto, tessendone le lodi attraverso la voce dei primi speaker. Per inciso, lo speaker (= colui che parla) andrebbe distinto dal disk jockey, (= lett. giullare del disco) che opera sui giradischi delle discoteche, miscelandone le varie canzoni. Incerta è comunque l'origine del termine, tanto è vero che anche i conduttori radiofonici sono stati così denominati, come se essi stessi, e non i tecnici della consolle, mettessero materialmente le puntine sui solchi. Il punto d'arrivo di queste frequenti rubriche erano appunto le Hit Parade, dette anche "charts" (= tabelle), grazie alla quale i dischi a lungo pubblicizzati ricevevano il giusto riconoscimento del pubblico, e le radio la conseguente gratificazione per l'opera di persuasione condotta sul pubblico. Se si aggiunge che la migliore pubblicità per un disco è saperlo già tra i più venduti, si riconosce la validità della formula-classifica, autentica cartina di tornasole del mercato, utile e per il consumatore e per il produttore. Sulla veridicità delle classifiche, basate su punti vendita presi a campione, e sulla relativa speculazione, si potrebbe parlare a lungo. Ma non è questa la sede adatta. Sta di fatto che, verso la fine degli anni '50 appaiono in Italia i primi rilevamenti di vendita su testate specializzate, alcuni dei quali sorti dalla collaborazione con la statunitense Billboard, la prima rivista a occuparsi anche di classifiche non americane. Numerosi istituti demoscopici si fanno avanti per fornire questo che era inizialmente un servizio informativo. A metà degli anni sessanta la Hit Parade, affidata alla Doxa, mantenendo l'esotico nominativo anglosassone, emette il suo primo vagito in Italia, e lo fa con l'unico canale possibile, la Radio Tv di Stato.

La prima Hit Parade radiofonica italiana

La Hit Parade si inserisce in un palinsesto ancora piuttosto variegato, dove i programmi musicali ne costituiscono una piccola parte, esistendo gli specifici canali della filodiffusione. Al programma, diffuso sul secondo canale radiofonico in una fascia pre-pomeridiana, intorno alle 13, viene conferita una giusta aura di intrattenimento. La stessa sigla, destinata a essere collegata al programma stesso, è di natura circense: le attrazioni più ambite sfilano sotto un unico tendone del consenso popolare. Come in ogni circo che si rispetti, ci vuole un conduttore che possa presentare i vari numeri con quell'entusiasmo imparziale che non lasci spazio a preferenze, che sono esclusivo appannaggio del pubblico. Questa è la differenza sostanziale con altre trasmissioni coeve come Alto gradimento della coppia Arbore-Boncompagni, o il neutro Canzoni per tutti, uno dei tanti titoli dei riempitivi del palinsesto diurno. Il 6 gennaio del 1967, venerdì alle ore 13, la Hit Parade vede la luce sotto l'egida di Lelio Luttazzi, già conduttore televisivo di Studio Uno, compositore di diverse canzoni di successo ma solo "per sbarcare il lunario", e appassionato di jazz, quindi in grado di guardare alla musica leggera con quel giusto distacco. Nei primi tre mesi verranno trattati solo i dischi italiani, o meglio cantati in italiano, ma già in aprile la classifica è completa. L'articolo di presentazione del Radiocorriere parla di una classifica di gradimento, più che di vendita (e la firma della Doxa lascerebbe pensare a questo): si ignora il momento in cui il gradimento si sia accostato al numero di copie vendute. Più volte nel corso degli anni, Luttazzi andrà a ricordare quel primo numero 1: Bang Bang, cantata da Dalida. I raccordi tra una canzone e l'altra sono conditi da sapidi monologhi, curati da un certo Sergio Valentini, nei quali Luttazzi tocca argomenti di attualità legati al mondo dello spettacolo, alle cronache rosa, ai personaggi più in voga, spesso al di fuori della classifica; altrimenti ne venivano menzionati soltanto i tratti extra artistici. I dischi vengono annunciati con enfasi, un minimo di due volte, all'inizio e durante la canzone che è spesso sfumata, cioè non arriva alla conclusione per motivi di tempo. La distinzione tra cantanti e gruppi sottolineata dalla professionalità del conduttore è che questi ultimi "eseguono" ciò che i singoli si limitano a cantare. I titoli sono accolti da un ipotetico pubblico che applaude entusiasta, dopo essersi fatto molte risate dalle salaci battute del conduttore, un effetto molto in voga proprio nelle "situation commedy" della televisione americana. Al termine della sigla conclusiva e dell'urlo rimasto celebre "Hiiiit Paraaaade!!!", una voce riepiloga le canzoni ascoltate, citandone titolo e autore, tralasciando l'interprete. Il ruolo istrionico, a tratti clownesco del musicista triestino, conferisce al programma quella parte di fiction che scomparirà con la sua dipartita dalla radio. Questo permette alle canzoni di restare tali e al tempo stesso non tradisce l'intento informativo del programma, che si pone quindi al servizio del consumatore di musica che vuole sapere se il suo disco preferito o il suo beniamino ha o non ha successo, e per quanto tempo riesce a detenerlo. La conduzione inoltre garantisce un'imparzialità d'ascolto che non esclude neanche le canzoni il cui genere fosse poco radiofonico, o in sintonia con una minoranza del pubblico, (oggi detto "target") che però si presentava allora abbastanza eterogeneo. Quindi, se un disco vende, è giusto che lo si mandi in onda: il servizio è garantito. Le poche eccezioni riguarderanno quei dischi sottoposti alla censura della RAI, e per questo banditi dalla pubblica diffusione. Luttazzi non segue l'ordine crescente della classifica, bensì si sposta dalla decima alla quarta posizione seguendo le fila dei suoi discorsi. Tiene altresì conto delle oscillazioni (se un disco è in progressione, in regressione oppure stabile) e dei brani che escono di classifica: inoltre mette in evidenza i dischi che appaiono per la prima volta, denominati con una figura retorica pleonastica che molta fortuna farà nel linguaggio comune, non solo musicale: la "nuova entrata" o "nuovo ingresso" mutuata presumibilmente anche questa dall'inglese "new entry". Il cosiddetto podio, espressione che verrà mutuata dal linguaggio olimpionico negli anni seguenti, costituisce la parte conclusiva della puntata. Fa eccezione quando la canzone che si trovava la settimana precedente al numero uno, ribattezzata canzone regina, scende al secondo posto, altrimenti detto, della "damigella d'onore": in quel caso, il n.2 anticipa il n.3 per creare l'effetto suspense prima di conoscere il nuovo disco più venduto. In questi casi,dal circo ci si trova in un corteo reale, a chiudere il quale ci sono le personalità più prestigiose.

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