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SPETTACOLO - In Primo Piano
MATTINA di G. Ungaretti

M'illumino d'Immenso.
Scritto nel 1917, il brevissimo testo è confluito nella raccolta l'Allegria del 1919 con il titolo definitivo Mattina.

PARAFRASI
La luce del mattino dopo la notte rende l'immensità del creato, che mi pervade e riempie di gioia.

E’ la poesia più breve di Ungaretti: due parole, unite tra loro da fitti richiami sonori.
L'idea di immenso scaturisce invece dall'impressione che cielo e mare, nella luce del mattino, si fondano in un'unica, infinita chiarità.
La comprensione della poesia richiede di soffermarsi sulla particolare valorizzazione del titolo, indispensabile all’interpretazione corretta del significato: lo splendore del sole sorto da poco trasmette al poeta una sensazione di luminosità che provoca immediate associazioni interiori ed in particolare il sentimento della vastità. M’illumino d’immenso significa appunto questo: l’idea della infinita grandezza mi colpisce nella forma della luce. L’intensità della poesia si affida anche alla sinestesia su cui è costruito il testo, oltre che al perfetto parallelismo fonico-ritmico dei due versi, aperti da una elisione, costituiti da due ternari e ruotanti attorno a due termini comincianti per i e terminati per o.
Il poeta ha voluto mettere in evidenza la felicità di immergersi nella luminosa bellezza del creato, negli spazi infiniti di una mattina piena di sole.
Lui guarda il cielo pulito e pieno di luce. Percepisce un certo benessere e allora si riempie di luminosità e di gioia che lo fa sentire in armonia con la natura,soprattutto in quel periodo, in quanto uscito dal fronte con i suoi amici stanchi e delusi dalla guerra.

RETORICA
M’illumino d’immenso

E' un ossimoro, in quanto esprime la fusione di due elementi contrapposti, l'umano e l'infinito, il singolo e l'immenso. E' anche un'analogia, una forma di metafora accorciata, riferita alla comprensione improvvisa e illuminante del senso della vastità del cosmo.
E' un'iperbole che intende dare il senso di esagerazione dell'esperienza vissuta dall'autore e una sineddoche, in quanto una parte, il singolo essere, si illumina del tutto.
Il titolo è metafora del momento della giornata nel quale si viene abbracciati da una luce molto intensa proveniente dall’alto, accompagnata da una sensazione di calore e allegoria della consapevolezza dell'esistenza dell'eterno che ci avvolge e ci sovrasta.
E' antitetico al famoso verso di Leopardi "e il naufragar m'è dolce in questo mare" in quanto in tale verso era l'uomo che si immergeva nell'eternità, mentre nei versi ungarettiani è l'eterno che si immerge nell'Uomo.

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